Con il balzo delle importazioni di pesce straniero in Italia che fanno registrare un +24% in quantità nei primi sei mesi del 2021 è allarme frodi alimentari a tavola.
L’allarme viene dai dati Istat, gli italiani mangiano circa 28 chili di pesce all’anno, superiore alla media europea, ma un quantitativo più basso se confrontato con quello di altri Paesi che hanno un’estensione della costa simile, come ad esempio il Portogallo, dove se ne consumano quasi 60 chili, ma la crisi dei pescherecci diminuisce la possibilità di portare in tavola pesce realmente italiano, favorendo le importazioni di prodotti ittici che non hanno le stesse garanzie di sicurezza di quelli tricolore. Per combattere le frodi alimentari è fondamentale prevedere l’obbligo di indicazione in etichetta del giorno in cui il pesce è stato pescato in modo da garantire la massima informazione e trasparenza sulla freschezza del prodotto e l’indicazione di origine va inserita oltre che sui banchi del mercato o dei supermercati anche per i piatti proposti nei menù dei ristoranti, un po’ come avviene per la segnalazione sull’uso di prodotti freschi oppure surgelati.
E’ frequente purtroppo, l’utilizzo di sostanze in grado di ritardare o mascherare i fenomeni alterativi. In alcuni casi, sono sostanze il cui utilizzo sarebbe anche consentito, ma che non vengono dichiarate in etichetta, come l’acido citrico o il citrato di sodio o i solfiti; altre volte invece si tratta di sostanze vietate, come l’acqua ossigenata con cui si “sciacqua” per sbiancarli, calamari, seppie e polpi.
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